Il compromesso storico è la strategia che Enrico Berlinguer lancia ufficialmente dopo il colpo di stato in Cile dell'11 settembre 1973. La proposta è formulata a conclusione delle "Riflessioni sull'Italia dopo i fatti del Cile", i tre articoli che pubblica su «Rinascita» il 28 settembre ("Imperialismo e coesistenza alla luce dei fatti cileni"), 5 ottobre ("Via democratica e violenza reazionaria") e il 12 ottobre 1973 ("Alleanze sociali e schieramenti politici"). Il contenuto della proposta è sedimentato da tempo. Il dialogo tra le grandi famiglie politiche dell'antifascismo italiano torna a rafforzarsi quando si allentano i vincoli della guerra fredda; viceversa, è l'acuirsi dello scontro bipolare che appanna i legami dell'antifascismo enfatizzando la centralità dell'anticomunismo. La distensione tra Usa e Urss avviata dalla fine degli anni sessanta è percepita come un'opportunità, pur nella consapevolezza della rigidità degli equilibri preesistenti tra mondo occidentale e campo socialista. Ma i legami tra le culture dell'antifascismo sono riattivati dal Pci anche per le minacce dello stragismo neofascista, che raggiunge l'apice tra il 1969 e il 1974; in tale quadro, la proposta di Berlinguer si intreccia e dialoga con quella "strategia dell'attenzione" nei confronti del Pci avviata dal leader democristiano Aldo Moro come risposta democratica alla "strategia della tensione". In questo contesto nazionale e internazionale, il compromesso storico nasce da esigenze differenti e non necessariamente congruenti. La strategia risponde a una profonda richiesta di trasformazione degli assetti sociali e civili, ma essa è affidata a una larghissima alleanza politica - e in particolare all'intesa tra le tre grandi forze popolari del Paese (cattolici, comunisti e socialisti, dunque Dc, Pci e Psi) che rinnovi il patto costituente - con l'intento di resistere agli ostacoli provenienti dai settori più conservatori del paese e ai rischi autoritari evocati dalla "strategia della tensione". Atteggiamenti come quello tenuto di fronte al referendum sul divorzio indicano la cautela di Berlinguer, che preferirebbe evitare il referendum e uno scontro con la Dc, schierata dal suo segretario Amintore Fanfani a favore dell'abrogazione della legge Fortuna-Baslini, mentre di fronte all'inevitabilità del referendum, Berlinguer schiera il suo partito a sostegno del "No", contribuendo in modo fondamentale alla vittoria del fronte antiabrogazionista. Il "compromesso storico" ha la sua grande occasione dopo le elezioni politiche del 1976, quando il Pci supera il 34% dei voti. L'astensione nel voto di fiducia sul governo Andreotti III inaugura un triennio di partecipazione del Pci alle principali scelte dei governi nazionali, in un contesto internazionale che sta però volgendo rapidamente alla crisi della distensione. È un equilibrio difficile se non impossibile. L'intervista di Berlinguer a Giampaolo Pansa per il «Corriere della sera», in cui, rispetto al rischio di fare "la stessa fine di Dubcek", dichiara di sentirsi più al sicuro nel blocco atlantico, aggiungendo che anche qui pressioni e condizionamenti sono pesanti, precede di pochi giorni il vertice del G7 di Porto Rico che, in una fase difficile dell'economia italiana, mette in discussione la concessione di prestiti del Fondo monetario internazionale. Il tentativo di Berlinguer è vissuto con ostilità anche dall'Unione sovietica, perché il suo tentativo di conciliare comunismo e democrazia presenta un rischio mortale per l'universo autoritario del socialismo reale. La linea del compromesso storico, una volta tradotta nella "solidarietà nazionale", è accolta con ostilità da una parte rilevante dell'elettorato comunista, critico dell'alleanza con la Dc e della linea dei "sacrifici". Nonostante la realizzazione di riforme fondamentali per l'avanzamento dei diritti civili e sociali - la legge 180, nota come "legge Basaglia", la legge 194, che depenalizza l'interruzione volontaria di gravidanza, l'istituzione dell'equo canone con la legge 392 e la legge 883, che istituisce il Servizio sanitario nazionale - il Pci sceglie di tornare all'opposizione, pur non abbandonando del tutto la linea del "compromesso storico". È il terremoto in Irpinia che convince Berlinguer a orientarsi per la cosiddetta "alternativa democratica", con la quale si propone di dialogare solo con settori circoscritti dei partiti al governo. Il cambio di strategia avviene in una nuova fase della politica internazionale, la cosiddetta "seconda guerra fredda" che troverà in Ronald Reagan il suo principale interprete.